Sì a Mago Zurlì, no ad Antonella Clerici


Cioè meglio lo "Zecchino d'oro", dove i bimbetti cantavano canzoni da bimbetti, in un contesto di bimbetti, che "Ti lascio una canzone", dove piccoli fenomeni paranormali cantano canzoni adulte scimmiottando il piglio passionale e melodrammatico dato alle stesse canzoni dai relativi interpreti originali.
E meglio lo stile smitizzante tra il serio e l'ironico con cui l'intelligente Cino Tortorella interloquiva con i bambini. Non li presentava come artisti davanti ai quali sciogliersi in adorata ammirazione per le loro meravigliose performance canore, ma come personcine alle prese con un impegno cui prestare attenzione, uno tra i tanti della quotidianità di un bambino che va a scuola o all'asilo o a giocare, non un evento talmente eccezionale da porre il piccolo protagonista su un altare di sempiterna gloria.
Con tali premesse i canterini dello Zecchino difficilmente se ne tornavano a casa credendosi piccoli dèi, a meno che genitori mitomani non li allevassero con questo obiettivo.
L'esatto contrario succede nella trasmissione condotta dalla Clerici, dove è continuamente rimarcato il talento dei giovani cantanti, mostri di bravura in quanto bambini, bambini con una sensibilità canora da adulti. Inquietante.
I piccoli protagonisti vengono caricati da aspettative pesanti dallo staff della trasmissione, dai genitori, dal pubblico, dai compaesani, dal mondo intero!
Una carriera professionale di successo nel dorato mondo della canzone diventa per loro l'unico doveroso sbocco.

l'Ostrogoto

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