SONO ALLERGICO AI CENTRI COMMERCIALI


Me ne rendo sempre più conto: la mia è una vera e propria allergia che col tempo cresce in virulenza. Non ho ancora riscontri fisici, come potrebbero essere chiazze sulla pelle, pizzicore agli occhi, calata di 10 cm dei testicoli, ma sono certo che prima o poi avrò anche manifestazioni di questo tipo.

Me la cavo discretamente se al centro commerciale ci vado con l'esigenza precisa di comperare qualcosa di ben definito e so dove trovarlo. In questo caso riesco a vincere il malessere esistenziale abbastanza bene. Arrivo all'ingresso, davanti alla porta a vetri tiro un profondo respiro, come se dovessi immergermi in una marana, poi mi butto dentro a testa bassa e, a passo velocissimo, vado diritto verso il reparto che mi interessa senza guardare niente e nessuno. Capita qualche volta che gli addetti alla sicurezza allarmati vedendo uno che quasi corre vengano verso di me sospettandomi un borseggiatore, un ladruncolo che sta svignandosela, mi fermino con qualche scusa tipo "Ha da accendere?" o "E' libero stasera?" e analizzino le mie reazioni, tipo pisciarsi addosso (indice di grande professionalita' ladresca) o uscirsene con "Guardi che io sono uno dei proprietari del centro". La security con un po' di esperienza però sa che l'ultima cosa che farebbero i ladri è mettersi a correre dopo aver operato. Costoro, al contrario, passeggiano ostentando tranquillità con passo a papera, sorridendo a destra e a manca in stile "capodigoverno" e salutando familiarmente i manichini nelle vetrine.
Per evitare quindi di allarmare gli agenti inesperti vado di fretta ma senza correre vistosamente, per esempio prendo le scale mobili e avanzo lungo i gradini muovendo solo i piedi e tenendo immobile il resto del corpo con mimica statuaria indifferenza. Supero slalomando la lenta scia dei visitatori ed anche strisciando lungo le vetrine dei negozi che fiancheggiano questi lunghi corridoi, guadagnandomi in questo caso la gratitudine delle commesse che così non devono più spolverarle.

Le crisi allergiche invece si manifestano quando al centro commerciale ci càpito demotivato, con i famigliari o altre persone. Desolato comincio a guardarmi intorno ed a notare i miei simili... Simili? Quali affinità possono esserci tra me e quegli strani manichini dagli strani capelli aggrovigliati e verniciati, che passeggiano, non so come perfettamente a loro agio con scarpe di chiara origine aliena nelle quali piedi di anatomia umana non dovrebbero entrare? A loro agio e appagati: finalmente, dopo una settimana stressante possono venire a passeggiare nel centro commerciale sfoggiando calzature aliene e ciocche di capelli OGM. La mia depressione cresce, acuita dal forte odore dolciastro della cera che esce dall'immancabile negozio di candele, candelotti, candelone e altri "utilissimi" ammennicoli. Insieme alla depressione sorge anche il dubbio: forse l'alieno sono io, non loro. Siamo sulla terra, in un civilissimo centro commerciale, io sono a disagio, loro no. Cerco una risposta al mio dubbio guardandomi in uno dei tanti specchi di un reparto abbigliamento e la persona che scorgo sembra uno appena sbarcato da un gommone di immigrati clandestini.
Le persone che stanno con me non si sono accorte della mia natura aliena? Fuori dal centro passo inosservato ma qui dentro è talmente evidente! No, sono troppo occupate a mettere in disordine capi d'abbigliamento.
E, tranne me, nessuno sembra disturbato dalla colonna sonora di sottofondo: musiche diverse - ogni reparto ne ha una - spesso ossessive, male equalizzate, che si mescolano tra loro e si mescolano col brusìo delle persone. Commesse dei negozi d'abbigliamento, come fate a resistere tutto il giorno? Vi hanno lobotomizzato prima di assumervi?
Commesse dei negozi di tappeti, come fate a respirare? Io basta che passi DAVANTI ad un negozio di tappeti che mi si blocca il respiro.
Commesse dei negozi di "roba di cera", quando a casa vi lavate le orecchie non vi esce una montagna di cerume?

Se osservo bene le persone riesco qualche volta ad individuare qualcuno che forse soffre della mia stessa intolleranza ai centri, mascherata con più eleganza della mia, ma che non vede l'ora di uscire. Ti capisco fratello alieno!... Ma perché, oltre ai BABY PARKING (quei recinti dove si lasciano i bambini a giocare in attesa, mentre i genitori dilapidano) non si fanno anche gli HUSBAND PARKING, spazi dove fidanzate, mogli o figli possono depositare per il tempo necessario mariti allergici, partner disinteressati, genitori fuori moda. Un posto arieggiato, senza sgradevole musica di sottofondo, con finestroni che danno sull'esterno. Ci si siede su vecchie poltrone e si condividono con gli altri alieni allergici presenti i propri malumori esistenziali.

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