il Buondìo


Gli uomini e le donne della piccola comunità rurale, a sera, si riuniscono per la cena nella stanza più grande. Dopo un'operosa giornata impiegata, chi tra gli aridi appezzamenti montuosi attorno alla manciata di piccole abitazioni, chi in altre utili incombenze.

L'anziano, vestito con un candido camice, è seduto a capotavola, con le delicate pallide mani giunte e attende che tutti si siano accostati al desco.

Ed ecco l'ultimo arrivare, trafelato, sudato, sporco di terra di cui cadono grumi lungo il percorso. Sedendosi, poiché la schiena gli duole, si appoggia con le mani scure e callose sulla tavola; qualche escoriazione tra le dita lascia piccole tracce di sangue sulle assi.
L'anziano lo fissa severamente, poi lo sgrida: -Non puoi, così conciato, accostarti alla nostra mensa! Come possiamo rivolgerci tutti rispettosamente al buon Dio per rendergli grazie se non ci presentiamo a lui con decoro-.
L'uomo si giustifica: -Ho appena finito di togliere pietre, dissodare, spianare il terrazzamento là sulle rocce. Sono a pezzi...-
-Esci!- taglia corto l'anziano -ringrazieremo il buon Dio senza di te-.

Tutti socchiudono gli occhi e pregano a testa bassa, incuranti dell'uomo che a fatica si è rialzato e si accinge a lasciare la mensa.

-Ti ringraziamo Signore- prega l'anziano -per questi cibi, generosi frutti della terra che ci hai concesso. Per le patate, i fagioli, germogliati da un terreno che sembrava così aspro e la tua paterna bontà ha reso fertile e rigoglioso. Grazie per le uova, per queste tenere carni, dei polli che per la tua provvidenza qui hanno potuto nascere e nutrirsi-.
L'uomo, già sulla porta, sembra riprendersi dal torpore della stanchezza: -Ah già, ...i polli non li ho ancora rimandati nel pollaio- e, zoppicando, si affretta ad uscire, mentre tutti ora iniziano a mangiare i doni del buon Dio.


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