Esérpio De Bringhélis, un eremita del verso

Nella ricorrenza, quest'anno, del cinquantenario della cresima del De Bringhélis, l'editrice "Gerominìe inconsapevoli" ha dato alle stampe "Quando decorsi", ovvero la produzione giovanile del poeta legunese: gli anni dell'introspezione estroposta, del rifiuto della propria immagine riflessa, la ricerca di un coito sublimato.

Trecentosessantadue le tracce impresse indelebilmente nella carta, carezze inferte o ferite donate, quasi piaghe di un decubito ricercato ed al tempo temuto, vaticinato in una minacciosa parvenza d'ineluttabilità fin dalle cadenze aspre del preludio di "Ti chiederò un ostracismo", vergata da un Esérpio undicenne. La deriva picaresca, dopo il soggiorno in colonia in terra ispanica, va caricando di cromìe atemporali il pentagramma debringhelisiano e spesso sconcerta, ma l'intenzionalità afasizzante è consapevolmente cercata e voluttuosamente reiterata.
A seguire cinque brevi poesie.

 


 

Gli oranti (da "Ossosacralità")

Gli oranti
transumanti in lùcere
hanno sgominato serbelle
per secolari trànsiti
percorrendo scavati sòrbi
ed intricabili dòmine.
Coccùto il bisigàrro
pregue la rognàta gigògna,
senza piri e senza volìne.
Ma gli oranti,
pòrvi ad ogni pussanza,
transumano orbàti
e, muti, insudiciano il merlàte.

 


 

Grande Trocantére (da "Assurdità miserrime")

Il gràcide bardo
pontifica, coriolando inanellate cròsie
all'onore del Grande Trocantére.

Da ornici di mirra bladra
suffumiganti censi aspergono le terga metrìci
del Grande Trocantére.

I coriolanti ogìvano
prostergati in sùpplici tributi
alle deterse espéridi
del Grande Trocantére.

Tatuate nel cérere
decadono in ornellaia vìtice
le corticate preci
di un salmòdio infinito
al Grande Trocantére.

Esasperato al limite
della pazienza implora:
"lasciatemi un po' perdere!"
il Grande Trocantére.

 


 

Carnalità rifuse

Perché mi schiante
udibondo serpiére?
Perché troni ognor tra i sorbi e le paràgne?
I còccidi, tutti, ulettanti mi derivono
da secoli,
da infiniti buglioli di barda
mi decantano a sangue!
E tu, insolvibile trombo,
seghetti su di me
l'infinita sbògna.
L'eremitico muggine
padre a tutti i figli di bottarga
schierati, in sarde legioni
oltre le ignorate magioni
tutti quei possùti linchioni
oranti a festa.
Che altro ci resta
sopra gli sdernati ronchi?
Fuggo il tuo pìcele
che fu o sarà mio,
oltre i pelùri
...quei perduti pelùri.

 


 

Mi sento caprìle (da "Esacerbi")

Ordì, mi sento caprìle
tra denòvi che concùrrano
la legista già ci bercia
su quei fiorìli tépidi.
Anche una cardìle, mùtila
incoraggia
le mie spumanti forgìve.
E così
contro ogni ragionevole desèrza
incuneato sulla roccia adamantina
mi sento caprìle.

 


 

Ho veduto

Ho veduto
ordi di zéfire olbiate.
Ho veduto
caracollanti guèrnie, di gestabondi tromi intrise.
Ho veduto
un milione di ralpi, allineare pombi a bisòrdie,
e pantìni ho veduto.
Ho veduto il simòneo, biacco e bisérto.
La cermèlla ho veduto, empia e cornùtile.
Ho veduto l'insolente beghina
puntare su me il suo disprezzo e gridarmi:
"guardone!!"

 

il poeta tra i girasoli

il poeta tra i girasoli

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